Gianfranco Maris aveva compiuto 94 anni nel gennaio scorso. Per oltre mezzo secolo è stato ininterrottamente al vertice dell'ANED, l'Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi nazisti, che egli stesso aveva contribuito a far nascere, nella sua forma attuale, alla fine deglianni Cinquanta.
Presidente della sezione di Milano (lo fu per mezzo secolo), fu eletto vicepresidente nazionale al fianco di Piero Caleffi, il primo presidente dell'ANED moderna, quella che riunì sotto un'unica bandiera tutte le associazioni che localmente erano nate per iniziativa degli ex deportati e dei familiari degli uccisi nei Lager. Poi, nel 1978, alla morte di Piero Caleffi, la nomina a presidente nazionale, incarico che ha conservato fino all'ultimo.
L'adesione all'antifascismo e alla militanza politica attiva nel Partito Comunista avvenirono negli anni Trenta, al Liceo Carducci di Milano: era ancora un ragazzo, ma sapeva esattamente cosa voleva e anche che cosa non voleva. L'incontro con un gruppo del Partito comunista che agiva nella clandestinità segnò l'inizio di un lunghissimo percorso umano e politicico, al quale Gianfranco Maris fu fedele per quasi 80 anni. Erano gli anni del consenso di massa al regime, gli anni dell'Impero, ma lui seppe distinguersi e combattere contro la dittatura fascista. Il suo nome fu presto registrato negli schedari delle Questure.
Richiamato alle armi al momento dell'entrata dell'Italia nel conflitto mondiale, fu rapidamente istruito e poi, giovane sottufficiale, spedito per tre anni in Jugoslavia e nei Balcani. Fu quella, come ebbe a dire, la sua vera Università: conobbe in quella campagna militare un'Italia povera, analfabeta, carne da cannone per la guerra fascista. Conobbe le durezze di una guerra di aggressione, così lontana dalle immagini della propaganda del regime.
All'indomani dell'8 settembre, mentre si squagliava l'esercito italiano abbandonato dagli ufficiali superiori e dal re, Maris prese la sua compagnia e la condusse, in assetto di guerra, a tappe forzate verso l'Italia, dove diede l'ordine "Sciogliete le righe", lasciando andare ciascuno per la propria strada.
Ripresi i contatti con il Partito comunista, fu incaricato, vista la sua lunga esperienza di guerra, di organizzare iprimi gruppi partigiani raccogliendo i soldati sbandati che si rifugiavano sulle montagne sopra Como e Bergamo: fece più volte la spola con quelle zone, braccato sempre più da presso dalle milizie fasciste.
Arrestato nel gennaio 1944 nei pressi della stazione di Lecco con una borsa piena di armi insieme ad Abele Saba (in futuro segretario nazionale dell'ANED), per un mese fu selvaggiamente percosso nei sotterranei della Casa del fascio di Bergamo, e quindi trasferito a San Vittore. Di lì, alla fine di aprile del 1944, fu costretto ad intraprendere un lungo persorso nell'universo concentrazionario nazista.
Partito con circa altri 300 compagni- tra cui alcune decine di ebrei – dai sotterranei della stazione centrale di Milano – dove oggi c'è il Memoriale della Shoah – fu portato a Fossoli, e di qui a Bolzano, dove rimase solo pochi giorni, tra la fine di luglio e i primi di agosto. Il 5 agosto, caricato con altri 500 sui vagoni piombati, fu deportato a Mauthausen, e quindi trasferito nel sottocampo di Gusen. Divenuto il numero 82394, per molti mesi lavorò incessamentemente alla cava di Gusen II, dove a decine, a centinaia morirono i deportati di mezza Europa sotto la sferza dei kapo, per le inumane condizioni di sfruttamento e di sottoalimentazione.
Tornato a casa nel 1945, per quasi un anno dovette essere ricoverato per riprendersi dal terribile deperimento provocato dal Lager.
Ma presto Gianfranco tornò alla vita con l'energia che tutti hanno conosciuto. Ripresi gli studi si laureò in Giurisprudenza, impegnandosi nella difesa di partigiani, antifascisti e lavoratori licenziati negli anni della reazione: processi politici, nei quali ex fascisti costringevano alla sbarra chi aveva combattuto per la libertà, contro la dittatura.
Fu un percorso nel quale Maris assunse responsabilità crescenti: nel giro di qualche anno fu senatore della Repubblica per più legislature, e successivamente componente del Consiglio Superiore della Magistratura, sempre mantenendo vivo il proprio impegno alla guida dell'ANED.
Ancora in tarda età fu a lungo contemporaneamente presidente dell'ANED e della Fondazione Memoria della Deportazione, vicepresidente nazionale dell'ANPI, direttore dell'INSLI, profondendo in ciascun incarico tutta la propria energia, la propria esperienza e la propria enorme autorevolezza.
L'ultimo suo impegno, l'ultimo obiettivo raggiunto della sua lunghissima, inimitabile attività, è stata la trattativa con il Comune di Milano che ha portato alla creazione della Casa della Memoria di Milano, da lui fortemente voluta per costruire un centro propulsivo di studi e memorie della Resistenza e della deportazione, contro il revisionismo e il negazionismo.
Gli rimase al contrario l'amarezza di non essere riuscito a difendere il Memoriale di Auschwitz nella sede per la quale era stato progettato e allestito: sperava però di poterlo vedere presto a Firenze, aperto nuovamente alle visite e all'ammirazione di tutti.
La sua ultima uscita pubblica è del 29 marzo scorso, quando volle salutare di persona proprio davanti alla nuova Casa della Memoria di Milano i suoi compagni dell'ANED, "la mia famiglia", ebbe a dire allora, riuniti per un Consiglio Nazionale.