Il Laboratorio di storia di Rovereto ha compilato un data base con nomi e biografie dei trentini deportati nei Lager del III Reich. Il database è consultabile in internet al sito www.labstoriarovereto.it. Pubblichiamo la presentazione dell’importante opera, a cura dello stesso Laboratorio di Storia di Rovereto.

Sono più di duecento i civili trentini trascinati nei campi di concentramento nazisti: la maggior parte non ha fatto ritorno.
I sopravvissuti hanno raggiunto faticosamente le loro case diverse settimane dopo la liberazione, portando nel fisico i segni della loro sofferenza e nel cuore le ingiurie subite, molti racconteranno poco o nulla, chiusi in un ritegno quasi assoluto, quasi a proteggere sé e gli altri dal ricordo di quell’esperienza tremenda.
Una specie di oblio “terapeutico”;  l’indifferenza verso le sofferenze altrui da parte di chi è intento a lenire le proprie; la “normalità” di una tragedia tra le tante causate dalla guerra; la “scomodità” del ricordo: tutto ha contribuito alla mancata costruzione di una memoria collettiva della deportazione dal Trentino; anche il “mito dell’isola felice”, cioè l’idea – così diffusa ma piuttosto lontana dalla verità – di un Trentino che, tutto sommato, a differenza della prima guerra mondiale, sarebbe stato risparmiato dalle più tremende sciagure belliche nella seconda.
Anche la ricostruzione storica di quegli eventi è per il Trentino piuttosto carente, vuoi per la scarsa attenzione a questo tema, vuoi per una certa complessità e difficoltà che sorgono quando si tratta di mettere in luce le singole vicende delle vittime, le tappe del percorso che ha condotto ognuna di esse dietro il filo spinato.
Solo scomponendo il fenomeno nelle storie individuali, una per una, e poi ricomponendo il “puzzle” si può pervenire a una spiegazione storica soddisfacente. I percorsi che hanno condotto i deportati dall’arresto e all’immatricolazione in una delle innumerevoli strutture del sistema concentrazionario nazista sono infatti assai diversificati, come diversi sono i trasferimenti, spesso ripetuti, da un campo all’altro, fino all’esito finale.
Un’idea di quanto possano essere variegate queste storie, si ricava considerando alcune “tipologie” di trentini finiti in un campo di concentramento nella Germania nazista:

  • gli oppositori politici, alcuni antifascisti da vecchia data, partigiani in armi e cospiratori, altri civili o ex-militari che si erano resi conto che era necessario combattere per la libertà, contro la dittatura nazi-fascista;
  • gli emigrati (molti in Francia, qualcuno naturalizzato francese) catturati nella nuova Patria, alcuni per aver partecipato alla Resistenza, i più perché vittime di rastrellamenti indiscriminati condotti dalle SS;
  • i reduci dalla guerra civile spagnola, una decina, che dopo la caduta del fascismo mentre fruivano di qualche giorno di effimera libertà, sono stati nuovamente arrestati e deportati nei lager dai quali nessuno di loro tornerà;
  • i militari catturati dai tedeschi il giorno dopo l’armistizio nel carcere militare di Peschiera e deportati a Dachau il 20 settembre 1943;
  • i militari internati in Germania, passati per varie ragioni dalla condizione di IMI a quella di detenuti in un campo di concentramento e lì nuovamente immatricolati;
  • i civili che al momento dell’arresto si trovavano già nel territorio del Reich quali emigrati o lavoratori coatti, rinchiusi in un campo di concentramento per punizione o per motivi politici;
  • i civili condannati da Tribunali speciali e deportati a scontare la pena in Germania, in prigioni, penitenziari e lager “di giustizia”, in condizioni analoghe, se non peggiori, a quelle dei KZ, dei campi di concentramento.

La vicenda della deportazione trentina è emersa nel corso della pluriennale ricerca sul Trentino nel periodo della seconda guerra mondiale, sviluppata dal laboratorio di Storia di Rovereto e sfociata alla fine del 2010 nella pubblicazione dei tre volumi de “Il diradarsi dell’oscurità”.
In quella ricerca  erano state ricostruite alcune storie di deportati trentini, che per la loro drammatica intensità hanno trovato giusto rilievo nella citata pubblicazione, spingendoci a continuare e completare la ricerca per portare alla luce tutti i nomi delle vittime, le vicende, i destini individuali.
Non è stato semplice: rintracciare storie e volti è difficoltoso, specialmente per i “quasi” dimenticati, i “non eroi”.
Abbiamo però continuato con impegno e costanza la raccolta di preziosi documenti conservati negli archivi privati delle famiglie, documenti che ancora oggi, dopo quasi settanta anni, suscitano ricordi dolorosi nei figli, nei nipoti. Per gli emigrati in Francia, ci siamo rivolti a parenti ormai naturalizzati francesi, che non parlano più l’italiano, ma che ci hanno inviato foto, notizie, documenti.
Il riscontro anagrafico sul data base “Nati in trentino”, pubblicato dalla Provincia Autonoma, la consultazione di documenti negli archivi della Fondazione  Museo Storico del Trentino, la ricostruzione della “posizione” militare di ciascun deportato ottenuta dai fogli matricolari del Distretto militare di Trento, conservati nell’archivio di Stato della nostra provincia, il contributo di archivi e musei della resistenza nelle altre provincie e quello delle associazioni dei deportati, in particolare l’ANED di Milano e di La Spezia, ci hanno consentito di collegare le tracce provenienti da fonti diverse e tessere il filo conduttore del percorso di ogni deportato.   
Infine abbiamo validato i dati in nostro possesso, integrandoli e verificandoli, presso l’archivio dell’ITS-International Tracing Service di Arolsen in Germania, costituitosi subito dopo la fine della guerra come servizio di assistenza nella ricerca di dispersi e di profughi, ma che presenta oggi una rilevante importanza anche per la ricerca storica.
Tutte le informazioni che il Laboratorio di storia di Rovereto ha raccolto sono ora disponibili, nome per nome, su internet: le schede contengono i dati anagrafici, un breve profilo biografico fino all’arresto e alla deportazione e al ritorno in patria, quando c’è stato, forniscono luoghi e date, l’indicazione delle fonti e, ove disponibile, una fotografia. Quasi tutti erano trentini “dimenticati”; molti i morti “in terra inospitale” e non hanno sepoltura, né lapide, né monumenti. Abbiamo affidato alla “rete” questo contributo alla memoria, confidando che sarà consultato non solo in Trentino, non solo nel resto d’Italia, ma anche nelle terre meta della nostra emigrazione.
Il Laboratorio di storia di Rovereto, con il sostegno del Museo storico della guerra di Rovereto e il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento, sta predisponendo la pubblicazione a breve di un “Dizionario biografico” a stampa, con testi di spiegazione e di interpretazione.
Con il rammarico che, forse, qualche vittima rimarrà tuttora ignorata, nascosta ai famigliari, agli storici, alla comunità: senza lapide, senza monumento, senza ricordo.
(g.t.)

Rovereto, 31 maggio 2012