Mauthausen, 29-31 ottobre 2000: Simposio europeo su “Mauthausen: dalla memoria alla coscienza europea” promosso dal Parlamento europeo in collaborazione con numerose istituzioni franco-austriache. Partecipano 60 insegnanti di 6 paesi, 8 dall’Italia.
Relazione conclusiva
di uno dei partecipanti, il prof. Bruno Rinaldi.
Sul Simposio di Linz 29/31 ottobre 2000, organizzato dall’Amicale di Mauthausen, pubblichiamo la “Relazione finale” di uno dei partecipanti, il prof. Bruno Rinaldi
Il Simposio di Linz, che ha visto la partecipazione di una delegazione italiana formata da 8 rappresentanti del mondo della scuola, è stato un momento importante e costruttivo per la storia e la memoria della deportazione e del sistema concentrazionario:
- È stato innanzitutto un confronto internazionale delle diverse prospettive storiografiche, di metodologia della ricerca e di approccio didattico al fenomeno della deportazione nei campi di concentramento nazisti. Vedere come francesi, spagnoli, cechi, tedeschi, italiani hanno affrontato la ricostruzione e l’interpretazione storica del fenomeno; ascoltare le penetranti testimonianze degli ex deportati francesi; tentare di fare il punto sullo stato della ricerca ed esplorare nuove possibili strade è stata un’emozione personale intensa e un’”avventura” dello spirito.
È stata una vera esperienza europea giocata questa volta non sui numeri dell’euro, ma sullo spinoso terreno dell’impegno e delle responsabilità comuni per la costruzione della pace, il vero valore che ha spinto storicamente all’aggregazione dell’Europa.
- In secondo luogo è stata l’occasione di incontrarsi con persone di tutta Europa, che a diverso livello, come ex deportati e loro discendenti, come studiosi e ricercatori, come insegnanti, come politici, si impegnano per la storia e per la memoria dei lager e ne fanno un dovere civico e umano, da cui dipende la formazione di una coscienza comune europea, la costruzione delle nostre umanità, così simili, così differenti.
- La visita approfondita di Mauthausen, così efficacemente pensata e condotta dagli ex-deportati è stata, anche per chi aveva visto più volte il campo, un evento di portata eccezionale sia come testimonianza storica, sia come appello all’impegno per la ricerca, la divulgazione, la formazione dei giovani su questi temi. Siamo diventati testimoni dei testimoni.
Da un punto di vista più strettamente tecnico e di contenuto si possono, a mio avviso, individuare alcuni temi e problemi di rilievo emersi sia dall’esperienza nel suo complesso, sia dai lavori dell’assemblea e degli atelier:
- Il problema del rapporto tra memoria e storia, tra testimonianza diretta e interpretazione storica, tra ex-deportati e storici: un rapporto che spesso diventa conflittuale, ma costituisce nello stesso tempo la materia viva della ricerca.
- Nel raffronto tra l’esperienza didattica italiana e quella d’oltralpe è emerso che negli altri paesi forse il tema del sistema concentrazionario è più organicamente inserito nell’attività curricolare, più “normale” e quotidiano. D’altro lato il concorso indetto dalla Regione Piemonte – e altre iniziative analoghe – hanno dato un impulso notevole alla memoria della deportazione nelle nostre scuole, producendo lavori di qualità e profondità notevole, che hanno suscitato interesse tra i colleghi delle altre nazioni.
- Anche il tipo di metodo adottato (partire da un rigoroso lavoro di documentazione e ricerca storia e condensarne i risultati in un prodotto “creativo” quale un video, un soggetto teatrale o altre forme di espressione “artistica”) è stato particolarmente apprezzato ed ha suscitato una riflessione, tanto nell’atelier [n. 3], quanto nell’assemblea, sul problema della gestione dell’emozione suscitata da un tema così carico di implicanze e valenze “pesanti”. La realizzazione creativa, sorretta naturalmente da un solido impianto storico e documentario, può essere più motivante per i ragazzi, e, soprattutto, può aiutare ad esprimere l’indicibile: l’indicibile groviglio di sentimenti che l’esplorazione del lager scatena. Non c’è mai informazione-formazione senza emozione: bisogna tenerne conto, in particolare quando si parla dei campi nazisti, quando nel processo educativo ci si arrampica sul crinale che separa l’umanità dalla disumanità.
- Bisogna infine ripensare attentamente le strategie educative ed informative che si mettono in atto quando si accompagnano gli studenti nella visita ai campi di concentramento. L’esperienza a Mauthausen con gli ex-deportati francesi fa riflettere sulla necessità di predisporre un percorso-modello che presenti il campo, pure nella sua specificità storica, come un paradigma della deportazione, sintetizzando, anche nella visita, momenti di formazione e di informazione, esperienze emotive e razionalizzazione storica.
Bruno Rinaldi
Docente di Filosofia e Storia
Liceo Scientifico “Ferrari”
Borgosesia (Vercelli)