Torna in libreria La vita offesa, a cura di Anna Bravo e Daniele Jalla, edito da Franco Angeli. Riprendiamo il testo della quarta di copertina
“Raccontare poco non era giusto, raccontare il vero non si era creduti. Allora ho evitato di raccontare. Sono stato prigioniero e bon – dicevo”.
Il cammino percorso dalla memoria dei Lager è in gran parte indicato da questa oscillazione tra il bisogno di verità e la difficoltà ad affermarla, tra lo sforzo di contrastare l’indifferenza del mondo e il silenzio come protesta; ma anche tra la spinta soggettiva a ricordare e quella opposta a dimenticare. Ostacoli esterni e interni non hanno interrotto questo cammino, facendo
arrivare a noi un grande e inespresso patrimonio di esperienze.
A settant’anni di distanza, la raccolta delle storie di vita dei superstiti dei lager promossa dall’Associazione nazionale ex deportati (Aned) in Piemonte, l’ha trasformato in racconto dando voce a tutti, in particolare a coloro – e sono la stragrande maggioranza – che non avevano mai trovato ascolto al di fuori della famiglia e del piccolo gruppo degli amici. Dalla stessa volontà nasce questo libro in cui parlano 200 sopravvissuti, in un montaggio di più di 900 brani tratti dalle 10.000 pagine di trascrizione delle loro testimonianze.
È un accumulo enorme di notizie, episodi, giudizi, riflessioni ed emozioni; un coro che nasce dall’incontro di voci diverse, un primo abbozzo di memoria collettiva. E insieme, uno spaccato della deportazione italiana, con la sua fisionomia complessa e con i suoi tanti e diversi protagonisti: donne, uomini, bambini ebrei, e con loro giovani partigiani e partigiane, antifascisti di vecchia data, attiviste e attivisti operai, militari renitenti ai bandi, gente presa a caso nei rastrellamenti. Dalle loro voci – perché di voci si tratta in questa ricerca di storia orale – lo studio dei campi di sterminio può trarre moltissimi spunti capaci di allargarne radicalmente la conoscenza e di rimettere in discussione valutazioni consolidate.
Ma oggi, in un panorama culturale e politico che tollera di convivere con totalitarismi di vecchio e nuovo stampo e con programmatici eccidi di massa, queste testimonianze hanno anche il valore di una denuncia e di un ammonimento.