Ha fatto discutere il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a un convegno organizzato alla Camera dei Deputati per i 100 anni dalla nascita di Giorgio Almirante (convegno al quale la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha ritenuto di non presenziare).
Poiché, come spesso avviene nel nostro paese, si è sviluppata sul caso una vivace polemica, a prescindere dal contenuto del testo inviato dal Presidente della Repubblica, vale la pena di riprodurlo integralmente:

“Il Parlamento è stato il luogo in cui si è svolta la parte prevalente della lunga attività politica di Almirante, per l’intero arco delle prime dieci legislature repubblicane. Egli fu sempre consapevole che solo attraverso il riconoscimento dell’istituzione parlamentare e la concreta partecipazione ai suoi lavori, pur da una posizione di radicale opposizione, rispetto ai governi, la forza politica da lui guidata avrebbe potuto trovare una piena legittimazione nel sistema democratico nato dalla Costituzione.
“In questo quadro egli ha avuto il merito di contrastare impulsi e comportamenti antiparlamentari che tendevano periodicamente ad emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane, che in Parlamento si esprimeva attraverso uno stile oratorio efficace e privo di eccessi anche se aspro nei toni.
“Giorgio Almirante è stato espressione di una generazione di leader di partito che, pur da posizioni ideologiche profondamente diverse, hanno saputo confrontarsi mantenendo un reciproco rispetto, a dimostrazione di un superiore senso dello Stato che ancora oggi rappresenta un esempio.”

Riletto il testo con attenzione e preso atto dei limiti precisi fissati dal capo dello stato nel suo giudizio sull'ex segretario del MSI, dobbiamo dire che per una volta non comprendiamo le parole di Giorgio Napolitano. Nel suo messaggio al convegno per il centenario della nascita di Almirante – un convegno della cui opportunità, in un'aula del Parlamento, francamente dubitiamo – il Presidente si limita accuratamente all'esame del percorso parlamentare del dirigente missino.
A noi però riesce assai difficile dimenticare il passato, la vicenda di Giorgio Almirante negli anni del regime fascista e della Repubblica Sociale Italiana. Nato a Salsomaggiore il 27 giugno 1914, nel 1938, a 24 anni diviene segretario di redazione del giornale Difesa della Razza, la principale rivista teorica del razzismo italiano, di cui condivise le sorti fino all'ultimo numero, pubblicato alla vigilia della caduta del regime, nel luglio 1943.
In seguito, come noto, Almirante aderisce alla Repubblica di Salò, e viene nominato capo gabinetto del ministro della Cultura popolare, Mezzasoma. E' in tale veste che firma, nell'aprile del 1944 un bando in cui intimava la resa ai partigiani, pena la "fucilazione alla schiena". In base a quel decreto 83 abitanti di Niccioleta, in Maremma, furono uccisi da repubblichini e nazisti. Per aver firmato quel bando infame,  Almirante è stato riconosciuto come "fucilatore di italiani" econdannato da ben 5 tribunali, ma non ha fatto neanche un giorno di carcere. 

Nei decenni della sua lunga attività parlamentare il capo del MSI avrebbe avuto infinite occasioni per prendere pubblicamente le distanze, col senno di poi, da questo passato infamante. Ma non l'ha mai fatto. E allora a noi sarà consentito di non credere in alcun modo al suo preteso "riconoscimento dell’istituzione parlamentare" e alla sua fedeltà alle istituzioni democratiche nate dal sacrificio delle sue vittime.