Regia: Simon Curtis
Interpreti: Helen Mirren, Ryan Reynolds, Katie Holmes, Tatiana Maslany, Daniel Bruehl, Max Irons, Charles Dance, Antje Traue, Elizabeth McGovern, Frances Fisher, Moritz Bleibtreu, Tom Schilling
Produzione: Origin Pictures, BBC Films
Sceneggiatura: Alexi Kaye Campbell
Fotografia: Ross Emery
Montaggio: Peter Lambert
Musiche: Hans Zimmer
Anno: 2015
Durata: 109′ (Colore)
Note: Nella sua ricca carriera d’attrice, Helen Mirren, inglese doc ma nata Elena Vasilevna Mironova da padre russo zarista, è stata tante donne: Elisabetta I, Elisabetta II, la moglie di re Giorgio III, di Tolstoj e di Hitchcock, Fata Morgana, killer dei servizi segreti britannici strappata alla pensione, spogliarellista stagionata per una buona causa, eccetera.
In “Woman in Gold” incarna una combattiva ebrea ottantaduenne, Maria Altmann, scappata dall’Austria nazista nel 1938 per trovare rifugio in California. Donna realmente esistita, figlia di un colto e ricco industriale dello zucchero, nonché nipote di Adele Bloch-Bauer, che il pittore viennese Gustav Klimt, forse suo amante, immortalò nel famoso ritratto “art nouveau” noto come “La dama in oro”. Uno dei più ammirati al mondo, e pure tra i più quotati: nel 2006 fu venduto per 135 milioni di dollari a un gallerista newyorkese, dopo la clamorosa battaglia legale vinta dalla signora con l’aiuto del giovane avvocato americano Randy Schoenberg, ebreo anche lui e nipote del compositore viennese. Storia poco nota in Italia, che il regista britannico Simon Curtis trasforma in vicenda universale, di forte suggestione simbolica, tra passato e presente: quel quadro, razziato dai nazisti insieme ad altri dipinti e oggetti preziosi, apparteneva alla famiglia Altmann, quindi a Maria, ma l’Austria fece di tutto dal 1998 al 2006, pur sapendo, per non restituirglielo. Alla fine la spuntò lei.
La settantenne Mirren è perfetta nel ruolo dell’anziana combattente. Abiti in stile Laura Ashley, messa in piega all’antica, pronuncia inglese con reminiscenze austriache, battuta pronta. C’è una frase, del film, che le piace citare: «La gente dimentica, specialmente i giovani. È proprio così, per questo ho voluto che Maria, in ogni scena, portasse infisso nello sguardo il ricordo di quell’ingiustizia vissuta da ragazza, di quell’abominio di massa escogitato da un austriaco». Hitler, appunto
Michele Anselmi