Regia: Radu Mihaileanu
Interpreti: Lionel Abelanski, Rufus, Clément Harari, Marie-José Nat, Agathe De la Fontaine, Bruno Abraham-Kremer.
Produzione: Belgio/Francia
Anno: 1998
Durata: 103′ (colore)
Fu definita «la risposta yiddish a Benigni», trattandosi di una commedia sull’Olocausto. E pensare che “Train de vie” era nato, come idea, prima di “La vita è bella”, con lo sguardo rivolto al Lubitsch di “Vogliamo vivere”. Radu Mihaileanu, romeno naturalizzato francese, l’aveva scritto nel ‘95, ma nessuno, in Francia, credeva nel film. Ridere della Shoah? Orrore! Poi, visto Benigni, si sono ricreduti in tanti.
Siamo nel 1941: in un villaggio ebreo dell’Europa centrale arriva di corsa Shlomo a portare una notizia tremenda. I nazisti sono al di là del monte, deportano e uccidono. Che fare? Il picchiatello ha un’idea: un treno. Un treno per fuggire, fingendo di essere deportati. Certo, qualcuno nel villaggio dovrà fingersi nazista, bisognerà cucire le uniformi, imparare bene il tedesco; il contabile del villaggio dovrà acquistare un
treno; il conducente della carrozza dovrà imparare a fare il macchinista, ma è sempre stato il suo sogno! Insomma, si parte. E cominciano gli equivoci. A tutti i posti di blocco tocca fingersi nazisti, e qualcuno comincia a prenderci gusto; tra i giovani, all’opposto, c’è chi è stato contagiato dal sogno del comunismo e organizza i vagoni come altrettanti soviet. I viveri, ben presto, finiscono: e con un audace colpo di mano si va proprio nella tana del lupo, a procurarseli.
“Train de vie” compie il suo viaggio alternando risate e commozione, fino alla geniale trovata finale che molti ricorderanno. Interpretato da un cast corale in cui spiccano Lionel Abelanski (Schlomo), Rufus (il “capo nazista” Mordechai) e Clement Harari (il rabbino), il film, godibile e arguto, spende parole non banali sull’identità ebraica e sulle altre mille identità magari sepolte dentro di noi. Qualcuno, soprattutto in Francia, accusò di essere addirittura antisemita, forse ignorando che il regista romeno possedeva tutti i quarti di cultura e di appartenenza israelita necessari a sgonfiare la polemica.
Michele Anselmi