Regia: Kai Wessel dal libro “Nebbia in agosto” di Robert Dones

Interpreti: Sebastian Kock, Ivo Pietzcker, Fritzi Haberlandt, Henriette Confurius

Germania, 126 minuti

Ernst Lossa“Tratto da una storia vera”. L’avvertenza è d’obbligo, perché sembra quasi incredibile che sia andata così. Invece andò proprio così, purtroppo. Nei modi e nei tempi che “Nebbia in agosto”, il bel film di Kai Wessel ispirato fedelmente al libro di Robert Dones, rievoca con lucida commozione, a ciglio asciutto, mostrando pratiche, dettagli, ambienti, liste ben ordinate, siringhe, strumenti chirurgici. Come scrisse lo scrittore tedesco Henrich Böll, premio Nobel per la letteratura, “il segreto dell’orrore sta nel particolare”. Una storia individuale, un nome e un cognome, un viso, una fotografia, una data di nascita e di morte: di questo abbiamo bisogno, talvolta, per ricordare che cosa fu il nazismo hitleriano, di quali atrocità inaudite fu capace, di come riuscì a mobilitare un’intera nazione piegandola a un’ideologia mortifera e razzista.

Osservate questa foto. Ritrae il vero Ernst Lossa, il ragazzino tedesco di origine nomade, uno “jenisch”, ucciso il 9 agosto 1944, a poco più di quattordici anni, nell’ospedale psichiatrico di Kaufbeuren, Baviera, con un’iniezione di morfina e scopolamina. Uno dei tanti finiti nell’infame programma di eutanasia lanciato dai capi del Terzo Reich nel 1939 con la cosiddetta operazione Aktion T4. Oltre 200 mila tedeschi, tra i quali 5 mila bambini e adolescenti, furono uccisi in una serie di ospedali e manicomi tra il 1939 e il 1945 (qualcuno anche dopo). Disabili, storpi, deformi, ciechi, sordomuti, epilettici, malati psichici: insomma coloro ritenuti “tarati”, incapaci di lavorare, una zavorra, gli elementi deboli, “impuri”, della presunta razza ariana. “Una rupe Tarpea del ventesimo secolo, gestita col rigore, la precisione e l’assoluta freddezza di un meccanismo che sapeva di poter contare sulla collaborazione di molti volenterosi carnefici” ha scritto giustamente Daniela Catelli su Comingsoon.it. All’inizio molti di questi sfortunati vennero avviati alle camere a gas, quasi anticipando la Soluzione Finale destinata agli ebrei; poi, per evitare clamori e proteste, si preferì proseguire con maggiore discrezione, attraverso un’eliminazione sistematica ma camuffata, cioè con barbiturici versati in succo di lampone, iniezioni di morfina, soprattutto la famigerata “Dieta E”, consistente nell’alimentare i condannati con brodo di verdura privato di ogni potere nutritivo, fino a farli morire di fame continuando a dar loro da mangiare.

Il piccolo Ernst Lossa arriva nella clinica del professor Valentin Faltlhauser nel 1942, da Dachau. Ladruncolo ribelle e sfacciato, dotato di buona salute e di furba grinta, il ragazzino si fa ben volere dagli amici e anche dal personale clinico. Il suo sogno è andare in America insieme al padre ambulante, ma serve una fissa dimora per essere dimesso dall’ospedale e quella non c’è. Intanto il feroce piano eugenetico è entrato nel vivo con l’arrivo di una nuova infermiera: tanto sorridente quanto efficiente nell’amministrare veleni. I bambini muoiono l’uno dopo l’altro, i certificati medici parlano di polmoniti fulminanti, ma Ernest ha capito tutto. Proverà a salvare una ragazzina epilettica, che forse le piace, però il suo destino di scomodo testimone è segnato, mentre si avvicina la fine della guerra e le bombe alleate cadono sempre più vicine (si spiega così il titolo del libro e del film, appunto “Nebbia in agosto”).

L’esemplare vicenda di Ernst Lossa è stata già raccontata nel 2011, su La7, dal teatrante Marco Paolini con lo spettacolo “Ausmerzen – Vite indegne di essere vissute”. Il film del 55enne regista amburghese Kai Wessel, coraggiosamente distribuito da GoodFilms in prossimità del Giorno della Memoria, conduce per mano lo spettatore dentro quell’inferno lindo e organizzato, facendo affiorare lentamente la verità, con il suo corredo di farneticazioni e azioni conseguenti (l’idea iniziale era di eliminare un terzo della popolazione tedesca).

Certo non è un film che si vede a cuor leggero, un senso di minaccia e angoscia cresce strada facendo nel corso delle oltre due ore, e tuttavia “Nebbia in agosto” tratta la terribile materia con pudore, sobrietà di stile, lasciando che lo sdegno affiori senza didascalie. Anche grazie alla prova straordinaria degli attori, tra i quali il giovanissimo Ivo Pietzcker e il veterano Sebastian Koch: il bambino zingaro che ha capito tutto contro lo psichiatra suadente che organizza lo sterminio.

Michele Anselmi