Regia di Alexandre Valenti,
Interprete: Francesco Lotoro.
Scritto da Alexandre Valenti, Thomas Saintourens, Michel Welterlin, Emmanuel Julliard.
Produzione: Italia-Francia, 75 minuti.
Francesco Lotoro, 52 anni, pianista e compositore di Barletta, ha una missione che lo occupa a tempo pieno. “Dobbiamo fare uscire queste musiche dai lager e dar loro vita” dice. Da oltre quattro lustri, cocciutamente e spesso in solitudine, questo fa: cerca, rintraccia, archivia ed esegue la musica che fu composta nei campi nazisti di sterminio e di concentramento da prigionieri spesso finiti gassati, raramente sopravvissuti al genocidio. Il catalogo è ricco, sterminato. Lotoro ha raccolto melodie, canzoni, sinfonie. Furono composte da ebrei, zingari, prigionieri politici, soldati e ufficiali francesi, russi, polacchi, olandesi, belgi, inglesi, italiani, perfino militari americani, bianchi e di colore.
“Se non suoniamo queste musiche commettiamo un grande delitto, se questa musica non viene fatta ascoltare è come se non fosse mai uscita dai lager. L’ingiustizia che ha subito il compositore non deve subirla anche la sua musica”. Lo spiega bene il pianista pugliese, da qualche anno convertitosi all’ebraismo, insieme alla moglie, dopo aver intrapreso un lungo viaggio a ritroso nelle radici religiose della sua famiglia.
Nasce così “Maestro. Alla ricerca della musica nei Campi”, il documentario italo-francese di Alexandre Valenti, dura 75 minuti, che Istituto Luce-Cinecittà propone in 80 sale il 23 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, e poi renderà disponibile per le scuole dal 27.
Il film è toccante ma non piagnone, contagiano l’energia e il pudore con il quale “il cacciatore di note” rintraccia i sopravvissuti, spesso novantenni o addirittura centenari, come l’ebrea Wally Karvéno (nata Lowenthal) che, all’inizio del film, gli apre sorridente la porta della casa parigina. Arzilla, truccata, spiritosa, la signora compose nel 1941, prigioniera nel campo di Gurs, un “Concertino” mai eseguito: fu un modo per non soccombere alla brutalità, alla fame e al presagio di morte, e la prima ad essere sorpresa della visita sembra proprio lei. Che minimizza la qualità della partitura, pur incuriosita da quell’italiano che parla un francese elementare e le chiede il permesso di suonare in pubblico, appunto, il suo “Concertino”. Nell’epilogo ascolteremo alcuni brani, eseguiti in un teatro di Barletta dall’Orchestra di Musica Concentrazionaria (così il musicista pugliese ha voluto intitolare il suo ensemble), e non sarà difficile, per lo spettatore, apprezzare la forza espressiva e melodica di quel pezzo di musica rimasto sepolto per 74 anni. Peccato che nel frattempo la signora sia morta.
Costruito come un taccuino di viaggio, “Maestro” pedina Lotoro nel suo denso pellegrinaggio. Spesso una lotta contro il tempo, perché i pochi sopravvissuti hanno età avanzate, perché i figli o i nipoti degli scomparsi spesso non apprezzano la curiosità dell’intruso. Eppure sono documenti straordinari: musica scritta su qualsiasi mezzo di fortuna, sacchi di iuta, carta igienica, ritagli di stoffa o magari impressa solo nella memoria di chi è tornato dall’inferno, e lì caparbiamente custodita. Auschwitz, Praga, Terezin, Berlino, Gerusalemme, perfino Rio de Janeiro: Lotoro è andato dappertutto, animato da una perseveranza che ha dell’incredibile e da un fiuto da detective. Ha ragione l’attore Marco Baliani quando, nel presentare uno di questi concerti, dice: “Un atto eroico di salvataggio della memoria dalle terre dell’oblio”.
Ascoltiamo, nel corso dei 75 minuti, le musiche più diverse. Portano titoli come “Zal Tango”, “Cadenza”, “Trio a corde molto vivace”, “Smetna Koleda”, “Nonet”, “Canto di morte degli ebrei”. Rudolf Karel, Josef Kropinski, Alexandre Tamir, Aleksander Kulisiewicz sono alcuni dei nomi di questi compositori, spesso professionisti di conservatorio strappati alle loro, torturati dalla Gestapo prima di essere avviati ai campi di sterminio. L’anziana Bela Lustman oggi vive in Brasile insieme al marito: la sua canzone è infissa nella memoria, non ha spartito, e qui interviene Lotoro al pianoforte, ricostruendo la partitura nota dopo nota, in modo che altri musicisti possano eseguirla in futuro.
Il repertorio è enorme, internazionale, enciclopedico. Lotoro ha raccolto fino ad oggi più di 4.000 spartiti e ha eseguito 400 musiche, riportando in vita melodie composte come atto creativo “per cantare la vita in quelle fabbriche di morte”. Poi, certo, servono soldi per sostenere l’impresa del musicista, per permettergli di viaggiare e di proseguire la ricerca. Per ora esiste il progetto “Last Musik”, una onlus, registrata presso il governo italiano, che si rivolge a istituzioni, fondazioni e privati. A occhio non sarà facile trovare finanziamenti.
Michele Anselmi