Regia: Giorgio Diritti.
Interpreti: Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari, Stefano Bicocchi.
Produzione: Italia, 2009 (117 minuti)
La strage di Marzabotto raccontata da un punto di vista interessante, a metà tra la ricostruzione storica e l’afflato antropologico. “L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti, bolognese, classe 1959, è un film severo, profondo, sempre da riscoprire.
Lo sguardo assunto dal regista è quello di Martina, otto anni, l’unica figlia di una coppia di poveri contadini. La sua famiglia vive in un paesino alle pendici di Monte Sole e lei ha smesso di parlare qualche anno prima, quando il suo fratellino morì dopo giorni di vita. La sua mamma è di nuovo incinta e Martina trascorre le sue giornate aspettando e sognando il suo “nuovo” fratellino. Nel frattempo la vita diventa ogni giorno più difficile: il paesino dove vivono è stretto tra le brigate partigiane del comandante Lupo e i nazisti che avanzano, diventa sempre più impossibile non fare i conti con la realtà feroce della guerra. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre del 1944 finalmente nasce il bambino e poche ore dopo le SS danno l’avvio a un rastrellamento senza precedenti. È l’inizio di quella che verrà ricordata come la strage di Marzabotto, nella quale vennero trucidati 780 civili, in maggioranza donne e bambini.
Volendo risalire a dei modelli estetici si potrebbe citare il cinema di Ermanno Olmi o Mario Brenta. Ma in realtà Diritti persegue una sua propria poetica nel restituire, utilizzando attori professionisti e gente presa sul posto, la dura vita di quelle contrade rurali, le arcaiche dinamiche familiari, la fatica del lavorare la terra. I mezzadria, il passaggio delle stagioni. Colpisce, vedendo il film severo e toccante, al quale però non giova l’eccesso di musica, una certa pietas cristiana, che probabilmente deriva dal libro “Le querce di Monte Sole” scritto da monsignor Luciano Gherardi e scelto come spunto.
“L’uomo che verrà” evocato dal titolo è certo il fratellino di Martina, ma anche, si direbbe, un novello Gesù bambino da sottrarre ai nuovi Erode. Un segno di speranza sui destini dell’umanità.
Come scrisse Lietta Tornabuoni, su “La Stampa”, «la sobrietà rispettosa e realistica, perfino nella tragedia disumana della strage, la grandezza morale dei protagonisti, la bravura degli interpreti (Maya Sansa, Alba Rohrwacher, Claudio Casadio), la bellezza indifferente della campagna e delle nebbie e dei diluvi rendono il film ammirevole». Proprio così.
Michele Anselmi