Regia: Giulio Ricciarelli
Interpreti: André Szymanski, Alexander Fehling, Friederike Becht
Sceneggiatura: Giulio Ricciarelli, Elisabeth Bartel
Fotografia: Martin Langer, Roman Osin
Musica: Niki Reider
Produzione: Claussen Wöbke Putz Filmproduktion, Naked Eye Filmproduktion, Germania
Anno: 2015
Durata: 124′ (colore)
Note: “Il labirinto del silenzio” dell’italo-tedesco Giulio Ricciarelli sposa la formula dell’inchiesta giudiziaria, ambientando nella Francoforte del 1958, in una Germania dai colori pastello decisa a rimuovere quel recente passato infamante, la ricerca di una verità scomoda e ingombrante ad opera di un giovane procuratore animato dalle migliori intenzioni.
Nessuno ha voglia di ricordare i tempi del regime hitleriano, tanto meno lo sterminio nei lager. Avvicinato da Thomas Gnielka, giornalista anarchico e combattivo, il giovane procuratore Johann Radmann conosce Simon, artista ebreo sopravvissuto ad Auschwitz (le sue due figlie gemelle morirono, sottoposte ai test crudeli del dottor Josef Mengele). Simon ha riconosciuto in un insegnante di una scuola elementare uno degli aguzzini del campo di sterminio. Come lui, molti altri “carcerieri” e ufficiali sono tornati alle proprie vite rimuovendo colpe orribili. Colpito dal dolore di Simon e dall’ostinazione di Thomas, Johann decide di occuparsi del caso.
Ma l’uomo è schiacciato tra il silenzio di chi vorrebbe dimenticare e di chi non potrà mai dimenticare, così chiede aiuto a Fritz Bauer, procuratore generale (lo stesso protagonista di un altro film tedesco, “Lo stato contro Fritz Bauer”), che gli darà carta bianca e il coraggio di perseverare. Testimonianza dopo testimonianza, Johann Radmann prende coscienza dell’orrore, ricostruisce il passato prossimo della Germania e avvia il “‘secondo processo di Auschwitz”.
Il silenzioso labirinto del titolo è metaforico e concreto alla stesso tempo. Quasi impossibile per il giovane procuratore trovare l’uscita da quel dedalo di bugie: tutti sembrano essere stati coinvolti o colpevoli, ma nessuno vuol far pagare niente a nessuno, soprattutto lo Stato. A suo modo è la storia di un altro “muro di gomma”, come quello raccontato da Marco Risi sulla strage di Ustica.
Michele Anselmi