Regia: Florian Gallenberger
Interpreti: Emma Watson, Daniel Bruehl, Michael Nyqvist, Vicky Krieps, Martin Wuttke, Richenda Carey, Jeanne Werner, August Zirner
Produzione: Iris Productions, Majestic Filmproduktion, Rat Pack Filmproduktion
Sceneggiatura: Florian Gallenberger
Fotografia: Kolja Brandt
Montaggio: Hansjörg Weissbrich
Anno: 2015
Durata: 110′ (Colore)
Note: «E comunque in Cile non cambiò nulla» recita una scritta sui titoli di coda di “Colonia”. Che è tedesco, il regista si chiama Florian Gallenberger, ma la cui storia, appunto, non si svolge a Colonia, intesa come città. La famigerata colonia in questione era un villaggio-fattoria, chiamato retoricamente “Colonia Dignidad”, fondato ai piedi della Cordigliera cilena da emigranti tedeschi prima della Seconda guerra mondiale, poi diventato tristemente noto per aver ospitato nazisti in fuga e, dopo il golpe di Pinochet del 1973, imprigionato, torturato e ucciso oppositori politici spesso di nazionalità straniera.
Di recente il governo Merkel ha annunciato che renderà accessibili in anticipo di una decade i documenti sulla storia del villaggio situato a 350 chilometri a sud di Santiago. Si capisce anche perché. In quella triste “colonia”, gestita a lungo da un sadico predicatore laico, tal Paul Schäfer, ex SS in combutta con i servizi segreti cileni e con la stessa Ambasciata tedesca, furono commessi crimini di ogni tipo: vessazioni di ogni tipo, esperimenti medici, atti di pedofilia, omicidi, supplizi, traffico d’armi e di agenti chimici, sperimentazioni con il Sarin su cavie umane.
In Cile non cambiò nulla, anche dopo la pubblicazione di foto terribili che denunciavano quanto accadeva in quel lager mascherato da azienda agricola, e tuttavia alla fine il “reverendo” Schäfer, capelli pettinati all’indietro e lasciati lunghi sulle spalle, scappò in Argentina dopo l’abdicazione di Pinochet e lì fu arrestato nel 2004, per terminare i suoi giorni in un carcere cileno, nel 2010, condannato a 33 anni. Nel film il pazzoide è incarnato dallo svedese Michael Nyqvist, impressionante nella somiglianza.
Tedesco di nazionalità ma girato in inglese con piglio all’americana, “Colonia” sfodera uno stile prevedibile, la recitazione è spesso esagerata ed esteriore; e tuttavia la storia, inventata ma nutrita di tragici fatti reali, “prende”. Hans e Lena, cioè Daniel Brühl ed Emma Watson, sono due giovani tedeschi arrestati a Santiago nei giorni feroci del golpe militare. Lui, fiero militante pro-Allende, viene riconosciuto e torturato per farlo parlare; lei, hostess della Lufthansa, viene subito rilasciata. Ma si mette in testa di rintracciare Hans, apparentemente “desaparecido”. L’uomo, finito a “Colonia Dignidad”, s’è salvato fingendosi instupidito dagli elettroshock; e proprio lì, travestitasi da aspirante suorina, approda Lena, senza sapere che cosa l’aspetta.
Nella finzione del film, i due tedeschi innamorati impiegano 132 giorni a mettere a punto il piano di fuga, con un finalissimo all’aeroporto all’insegna della suspense; nella realtà quasi nessuno riuscì a scappare da quel posto terribile, popolato di gente plagiata e umiliata, quasi una succursale della Germania hitleriana.
Michele Anselmi